.
    

Miniotti Daniele

REFERENTE NAZIONALE CNSL/SNAQ CONI-RESPONSABILE COMITATO SCIENTIFICO DELLA SRFS PIEMONTE -DOCENTE AREA GENERALE FORMATORE NAZIONALE in Metodologia Insegnamento e Allenamento - CHINESIOLOGO 

 

 

“La Scuola che coordino”: intervista a Daniele Miniotti

 

Non ci sono peggiori compagni di viaggio, quando si va alla scoperta di qualcosa o di qualcuno, dei pregiudizi o anche solo dei luoghi comuni. Perché sono figli delle verità frettolosamente scritte basandosi sulle apparenze o sulla casistica e, come tali, inevitabilmente approssimative. C’è ad esempio l’abitudine di dedurre automaticamente che le persone taciturne abbiano poco da dire. In realtà, spesso e volentieri non è così, perché la poca propensione al dialogo, soprattutto se fine a se stesso o dettato solo da consuetudini diplomatiche, non significa necessariamente mancanza di concetti da esprimere. Semplicemente, ci sono persone che non vedono perché debbano infarcire di parole un’esposizione per la quale un telegramma basta e avanza, e di conseguenza si regolano e si comportano. Ecco, Daniele Miniotti, 58 anni, Direttore Scientifico della Scuola Regionale di Formazione Sportiva Libertas del Piemonte, di fatto il coordinatore, come egli stesso si definisce, è una di queste persone.

Certo, intervistarlo equivale un po’ a fare il… dentista, nel senso che le risposte devi quasi estrargliele dalla bocca. Però se riesci nell’intento e poi analizzi ciò che ti dice, ti accorgi rapidamente che la qualità dei concetti non fa una grinza e allora hai la conferma di come anche un taciturno per indole e vocazione possa in realtà parlare in modo molto più efficace del più classico degli amanti della dialettica senza confini.

Innanzitutto, come si suol dire per rompere il ghiaccio, un breve riassunto del suo percorso tecnico-agonistico-dirigenziale. “Sono stato un canoista di buon valore, poi mi sono dedicato allo sci nautico. Ho iniziato a Viverone, ed è stato un passo dopo l’altro, fino al 2012 quando sono diventato direttore tecnico della Nazionale, nel settore piedi nudi. Nel frattempo, ho cominciato ad occuparmi anche della Scuola di Formazione Libertas, diciamo da quando quest’ultima ha aderito al sistema Snaq del CONI e sono stato mandato a Roma per un corso di management. Da quel momento, di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, ma è stato tutto per così dire naturale, conseguenziale”.

Rotto il ghiaccio, scendere nei dettagli e proseguire il lavoro di… dentista è più facile. Le soddisfazioni più grandi? “Come tecnico la ricostruzione del settore piedi nudi. Attualmente siamo la Nazionale più forte d’Europa e la più giovane di tutte, capace di classificarsi quarta ai Mondiali. Di questa rappresentativa fanno parte anche atleti provenienti dalla Libertas e questo ovviamente per me è un ulteriore motivo di orgoglio. Come dirigente aver realizzato un connubio funzionale tra le esigenze della Federazione e quelle della Scuola, nonostante due approcci fatalmente diversi, dal vertice selettivo a qualcosa di più promozionale”.

Rimpianti? “Forse la gestione da parte mia di qualche rapporto del passato sul piano politico-sportivo, ma anche le esperienze negative aprono delle porte e ti insegnano a metterti in discussione. Comprese le cose che a prima vista ti spiazzano: ad esempio l’esperienza maturata alla Scuola Centrale dello Sport, quando ho imparato parecchio ma per certi versi sono rimasto anche disgustato da un certo tipo di sport di vertice”.

I segreti d’una buona Formazione? “Deve essere sistematica e metodologica. Non dobbiamo mai dimenticare che per tanti istruttori che vengono da noi si tratta del primo impatto, seppur magari precario, col mondo del lavoro. Ci vuole quindi il rispetto che si deve a tutti i lavoratori e in più l’aiuto che merita chi scopre le prime difficoltà d’un ambiente nuovo. Bisogna dunque evitare il più possibile che sembri o sia solo un’operazione di marketing. La nostra formazione a mio avviso è già abbastanza approfondita ma a volte ancora troppo accademica, va calzata di più ai bisogni dei singoli e delle associazioni per le quali deve innanzitutto essere un servizio. Insomma, meno teoria e più pratica: ma davvero, non solo come slogan.”

Progetti? “Proporre percorsi formativi che portino a qualifiche professionali sempre più in linea col nuovo sistema delle certificazioni europee, ricalcando per quanto utile e possibile il metodo Erasmus. Seguire le nuove richieste di mercato, un compito fondamentale soprattutto per chi come me ha il compito di coordinare l’attività. Ultimamente c’è molta voglia di sport nuovi, con cui occupare il tempo libero. Un esempio su tutti: il parkour. Ma se ne possono fare molti altri. L’idea dello sport va rivista e adattata ai giovani d’oggi. Lo sci nautico, tanto per restare in uno dei campi che conosco meglio, ha cambiato pelle, il surf ha soppiantato un po’ tutto e tutti. Quindi bisogna rispettare la tradizione e i valori consolidati ma saper anche uscire dagli schemi classici, quando necessario. E camminare a fianco dei tempi che viviamo. Altro esempio: ormai ci sono centri estivi dappertutto, quindi figure come quella dell’animatore sportivo hanno molto più fascino di prima. Ma non basta proporgli un corso qualunque, occorre fare una proposta di qualità con cui differenziarsi e di conseguenza sperare di farsi preferire.”

La Libertas? “innanzitutto per me resta una scuola di sport, perché i valori veri rimangono tali nel tempo. Tutto sommato ha mantenuto la sua identità a dispetto di tutti i cambiamenti che ha subito e continua a rappresentare un buon serbatoio, anche se non soprattutto per chi campione non lo è”.

Come vedete, opportunamente “acceso” anche Daniele il taciturno strizza l’occhio alla dialettica. Ma restando coerentemente immune dai discorsi esclusivamente convenzionali. Che del resto non servono, quando al posto loro a tenere banco è la concretezza di ciò che si dice.